giovedì 30 marzo 2017

CULTURA notizie. Basta bugie sulle vite spezzate

L'articolo che segue è stato pubblicato dal "Manifesto" il 29 marzo con il titolo  
"La bufala di Striscia prepara nuove stragi di migranti a mare". 
Si tratta della campagna diffamatoria condotta contro le navi delle Ong che salvano i migranti nel tratto di mare tra Libia e Sicilia. La bufala qui ricostruita non ci dice qualcosa solo sulle campagne europee per difendere la fortezza Europa, ma anche sulla falsificazione della realtà a cui contribuiscono i media e i politici di destra e che vengono purtroppo prese sul serio anche da certi magistrati.

Uno dei casi più inquietanti e rivelatori di fake news pilotate, o bufale strategiche, è quello delle navi delle Ong che agirebbero d’accordo con i trafficanti di esseri umani per far affluire i migranti in Italia. Tutto è cominciato, all’apparenza, con un servizio di “Striscia la notizia” del 10 marzo in cui si intervistava il blogger che avrebbe stabilito la verità sulle Ong. Il giovanotto, tale Luca Donadel, ha dichiarato di aver scoperto, grazie a un sito che permette di tracciare le rotte nel Mediterraneo, che le navi delle Ong si dirigevano tutte verso un punto fisso, interno alla acque territoriali libiche. Non solo: invece di recapitare i migranti nel porto tunisino “più vicino”, come reciterebbe – secondo lui – la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, le navi Ong li trasporterebbero, “per interessi economici”, nei porti italiani. Nello stile sensazionalistico e volgare tipico di “Striscia”, il servizio, che includeva interviste a noti politici come Maurizio Gasparri, si concludeva con le solite domande: chi ci guadagna? Perché la stampa non dice nulla?
Le rivelazioni di “Striscia” sono state smentite dalle Ong e smascherate rapidamente dagli studiosi di diritto d’accoglienza e da esperti di comunicazione sul Web. Le “scoperte” del blogger, rilanciate da “Striscia”, si sono rivelate subito false: La Convenzione delle Nazioni Unite parla di place of safety, cioè di luoghi in cui i migranti non corrano rischi per la loro incolumità, e non di “porto più vicino”; la rotta delle navi e i luoghi di soccorso non sono stabiliti autonomamente dalle Ong, ma dal MCRR (il centro di coordinamento del salvataggio in mare, gestito dal Ministero dei trasporti) e così via. Se le navi si avvicinano sino a 25 miglia marine dalla costa libica e poi trasportano gli scampati in Italia, è perché la guardia costiera libica non è affidabile (ha anche sparato sulle navi dei soccorritori), la Tunisia non vuole accogliere i migranti provenienti dalla Libia e Malta anche.
La verità è che dietro la bufala c’è molto di più, una strategia di delegittimazione forsennata che potrebbe sfociare in nuove e più gravi stragi di migranti.
Ha cominciato la campagna l’agenzia europea Frontex, nel 2014, accusando il governo italiano di salvare troppi migranti, all’epoca dell’operazione Mare Nostrum, invece di “dissuadere” quelli che non sono ancora partiti. Ha continuato il governo Cameron decidendo di non soccorre più i migranti in mare per non facilitare l’immigrazione clandestina. Ha contribuito la stampa internazionale (“Financial Times”) e quella della destra scandalistica italiana, che in particolare insiste sull’alleanza tra trafficanti e Ong. E infine ha dato il suo piccolo sostegno l’Organizzazione internazionale delle migrazioni che, insieme al Ministero degli interni (ieri Alfano, oggi Minniti), ha promosso una campagna video davvero ripugnante (“Beware brother, beware sister!”), in cui supposti migranti invitano i loro fratelli del Gambia, della Nigeria, del Mali ecc. a sottrarsi all’inganno e ai rischi del viaggio per mare, a starsene al calduccio in Africa e a godersi, aggiungo io, i 50 dollari al mese di Pil individuale dei loro paesi.
Un contributo ulteriore è venuto dal procuratore capo di Catania Zuccaro, che ha escluso, per il momento indagini penali sulla questione, ma rilascia in ogni sede preoccupanti dichiarazioni sui finanziamenti delle Ong e ha affermato pochi giorni fa che la presenza delle navi davanti alle coste libiche impedisce le indagini sui facilitatori, cioè gli scafisti, e che comunque il numero dei morti in mare è aumentato. 
Ancora una volta, non si riesce o non si vuole comprendere che i “facilitatori” sono un falso problema, e che quello vero è la disperazione di centinaia di migliaia di abitanti dell’Africa che cercano una chance di sopravvivenza o vita migliore in Europa. Criminalizzare di fatto le Ong serve solo a perpetuare la straordinaria ipocrisia dell’Europa in materia di migrazioni.
Sarebbe anche il caso di riflettere che all’origine della campagna ci sono organizzazioni di estrema destra, come la misteriosa fondazione Gefira, specializzata in dichiarazioni anti-islamiche e filo-Trump (proprio come il blogger citato sopra). Tutte queste fondazioni, istituzioni come Frontex, blogger e giornalisti vari si citano a vicenda, in un bel processo circolare e tautologico che finisce per far sembrare le panzane sulle Ong come profonde verità su ciò che accade nel Mediterraneo. La bufala diventa realtà, a onta di smentite e controinchieste.
L’obiettivo di tutta questa campagna è ostacolare, o al limite, bloccare le navi delle Ong che operano tra la Sicilia e Libia per salvare i migranti. Con i costi umani che è facile immaginare.

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