lunedì 9 novembre 2020

Lo schiaffo di Fontana alla Lombardia

 C’è una cosa che più di tutte oggi non possiamo ignorare. Il tempo trascorso dall’esplosione dell’epidemia in Italia ci ha resi, comprensibilmente, più fragili e anche più delusi e arrabbiati.

Oggi l’Italia non è quella di marzo e gli italiani non sono più disposti a credere che andrà tutto bene o ad affacciarsi sui balconi per cantare.

Nel cuore e nella mente delle persone, oggi, c’è sofferenza per un caro che non c’è più, c’è la paura di ammalarsi, c’è il terrore di perdere il proprio lavoro o di non riuscire un domani a rialzare la saracinesca. Per tutti questi motivi, era necessario intervenire come ha fatto il Governo. Mai e per nessun motivo bisogna permettere che si mettano in conflitto il diritto alla salute con quello al lavoro: è necessario tenerli insieme, farli correre sullo stesso binario.

Il Governo, di fronte ad una curva dei contagi in rapida ascesa e ospedali vicini al collasso, ha dovuto assumere decisioni difficili, con nuove forti restrizioni, dividendo l’Italia in tre fasce a seconda della gravità della situazione epidemiologica locale: una rossa, una arancione e una gialla, dalla più grave alla meno grave.

Ci aspettano giorni, e molto probabilmente settimane, non facili. Le nuove restrizioni comportano grossi sacrifici e difficoltà per tanti lavoratori e lavoratrici, per studentesse e studenti che sono tornati alla sola didattica a distanza e per persone sole che rischiano di pagare un prezzo molto alto.

Ma il governo ha anche annunciato ristori più consistenti rispetto a marzo. E c’è da dire che proprio sabato è arrivata anche la buona notizia, con l’emissione dei primi mandati di pagamento per accreditare il contributo a fondo perduto agli operatori economici. L’Agenzia delle Entrate ha già disposto i bonifici in favore di più di 211 mila imprese, per un totale di oltre 964 milioni di euro. Il ministro Roberto Gualtieri aveva assicurato che i soldi sarebbero arrivati per il 15 novembre, ed è un’ottima notizia che arrivino già tra lunedì e martedì.

A ciascuno di noi oggi, come ha voluto ricordare il sindaco di Milano Beppe Sala, è richiesto un surplus di responsabilità, nel rispetto delle regole, e quindi nell’evitare situazioni che possono rivelarsi pericolose per la salute dei nostri anziani e dei più fragili e per la tenuta del sistema sanitario. Ma poi c’è la politica e ci sono le Istituzioni.

Il brutto episodio di Bergamo, con cittadini inferociti arrivati a protestare e intimidire il sindaco Giorgio Gori fin sotto la sua casa, è un grave segnale di allarme. Perché ci dice che non si può speculare sulle paure delle persone e che la politica non deve soffiare sul fuoco.

La Lombardia, come era purtroppo prevedibile, è stata catalogata come zona rossa, insieme a Calabria, Piemonte e Valle d’Aosta. Ma certamente sarebbe un errore non comprendere come questo risultato non sia frutto di uno strano scherzo del destino. E purtroppo la Lega, con il presidente Attilio Fontana arrivato a parlare di “schiaffo ai lombardi” non si è smentita. Il partito di Salvini è andato all’attacco, ha pensato che “avvelenare i pozzi” e attaccare il governo fosse più utile, piuttosto che mettersi a lavorare per far uscire la Lombardia dalla situazione in cui si trova.

Con un quarto dei contagi e un terzo dei morti a livello nazionale, era tutto, purtroppo, fin troppo chiaro. E non c’è nulla di più ostinato e incontrovertibile dei numeri. Di fronte ad un sistema sanitario a rischio collasso, a una medicina territoriale sacrificata anno dopo anno e ormai quasi inesistente e a trasporti sovraffollati, per l’incapacità di un’amministrazione di mettere al riparo i suoi cittadini in tutti questi mesi, quella del Governo non è affatto una scelta che punisce i cittadini o una scelta politica, come in casa leghista qualcuno ha vergognosamente voluto dire. Ma altro non è che il tentativo di arrestare la corsa del virus e impedire un nuovo disastro.

Dopo mesi di sacrifici e di responsabilità caricate sulle spalle dei lombardi e delle lombarde, ci saremmo aspettati un sussulto di dignità da Attilio Fontana e Giulio Gallera che, invece di rimboccarsi le maniche per farci uscire dalla zona rossa, usano il dramma della Lombardia per attaccare il Governo. E l’autonomia tanto invocata e poco praticata, dov’è finita adesso? Quello che chiediamo a questa Giunta è di assumersi al più presto possibile responsabilità economiche e sanitarie per far fronte all’emergenza, come altre Regioni, ad esempio l’Emilia Romagna, hanno fatto.

Nessuno di noi, men che meno tutte le categorie di lavoratrici e lavoratori colpiti dalla nuova stretta, è contento che la Lombardia sia catalogata fra le zone rosse e quindi ad alto rischio. Ma questo è il momento della responsabilità e della collaborazione istituzionale, ed è vergognoso che si continui a usare ogni occasione per speculare o addossare colpe a qualcun altro. A otto mesi dal primo caso Covid registrato in Lombardia siamo ancora qui, sguarniti della medicina territoriale tanto indispensabile e per giunta con una grave carenza di vaccini antinfluenzali.

Ogni cittadino di questa regione vorrebbe sapere perché siamo ancora a questo punto. Adesso si lavori per uscirne e per mettere al sicuro le cittadine e i cittadini lombardi, garantendo loro accesso ai tamponi, al tracciamento e risposte e ristori aggiuntivi a quelli del Governo per far fronte a una crisi che oltre che sanitaria è purtroppo anche economica.

A Milano, come in Lombardia e in tutta Italia, il Partito Democratico é vicino a tutti i cittadini in questo momento così difficile: perché nessuno si debba sentire mai più solo.

Silvia Roggiani segretaria PD metromilanese

Da immagina webcite 

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