sabato 20 marzo 2021

MILANO E CITTÀ METROPOLITANA, DUE SINDACI DIVERSI.

 Di Roberto Biscardini 

Le elezioni amministrative di autunno potrebbero registrare una salutare novità: la separazione tra l’elezione del Sindaco di Milano da quella del Sindaco della Città metropolitana. Basta volerlo. Per almeno due ragioni sostanziali. 

La prima perché i cittadini della Città Metropolitana (circa 3,3 milioni) sono stati espropriati del diritto di scegliere il proprio Sindaco (una volta Presidente della Provincia) che oggi è eletto dai soli cittadini di Milano (circa 1,4 milioni) e sono stati altresì espropriati del diritto di eleggere direttamente i consiglieri metropolitani. 

Secondo, la sovrapposizione della carica di Sindaco metropolitano con quella di Sindaco del Comune capoluogo ha determinato da un lato un gravissimo conflitto di interesse tra i due ruoli, subordinando di fatto le scelte strategiche di carattere economico, territoriale e sociale dell’intera area metropolitana a quelle della sola città di Milano. Dall’altro il tema dell’integrazione della città metropolitana con Milano, rivendicata dai cittadini come una questione centrale, è stato sostanzialmente derubricato, perché sia Pisapia, sia Sala, non hanno esercitato una politica autonoma per l’area metropolitana, privilegiando (persino comprensibilmente) l’istituzione comunale nella quale sono stati eletti.

Si tratta oggi di rimuovere l’obbrobrio istituzionale insito nella cosiddetta riforma Delrio, chiedendo al Governo e al Parlamento di approvare una legge (già prevista) affinché “si possa dar luogo all’elezione del Sindaco e del Consiglio metropolitano a suffragio universale”, separate da quelle del Sindaco di Milano.

Per la Città Metropolitana di Milano la cosa può avvenire subito, avendo una popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, e perché si sono già determinate altre due condizioni. E cioè “lo statuto della Città metropolitana ha già previsto la costituzione di zone omogenee” e il Comune di Milano “ha realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa”.

Se i vincoli burocratici previsti dalla legge sono stati risolti, adesso la questione è solo politica. Spetta al Governo Draghi o ai partiti della sua larghissima maggioranza fare il primo passo. Non ci vuole molto e il tempo c’è. A condizione che non si metta di traverso il Comune di Milano, che finora ha subordinato dal centro le politiche per l’area metropolitana o la Regione Lombardia che ha tutto l’interesse di non avere “tra i piedi” un ente intermedio più forte e politicamente autorevole.

Si potrebbe così accelerare un progetto che alcuni di noi avevano già definito fin dal 2015 con una proposta di legge di iniziativa popolare per l’elezione autonoma del Sindaco e del consiglio della Città metropolitana, per tornare alla normalità, dando peso alle aspettative del il territorio.

E ciò indipendentemente dal giudizio che, a distanza di anni, possiamo dare sull’elezione diretta dei Sindaci (per non parlare dell’assurdità istituzionale dell’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni).

Introdotta nel 1993 in piena tangentopoli, ha segnato l’inizio di un impoverimento pericoloso per la nostra democrazia. Ha contribuito a personalizzare la politica, ha ridotto l’influenza delle forze politiche, ma soprattutto ha ridotto il ruolo di indirizzo politico-amministrativo e di controllo dei consigli comunali eletti dai cittadini. Subordinando l’esistenza dei consigli a quella del Sindaco (simul stabunt simul cadent) e riducendo le giunte non più ad un organo autorevole e collegiale del Comune, ma ad una sommatoria di consulenti del “sindaco padrone”. Tanto padrone che se vuole, li manda a casa senza motivazione.

Con la separazione dell’elezione diretta del Sindaco della Città metropolitana dall’elezione del Sindaco del Comune capoluogo, tutti i problemi non sono risolti, ma certamente si farebbe un passo avanti decisivo, affinché ai cittadini non sia tolto il diritto di voto e il diritto di scelta. E potrà così riprendere quella sana dialettica istituzionale, nel confronto di interessi diversi e nella risoluzione democratica dei conflitti.

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