sabato 25 febbraio 2017

POLITICA. giustizia per Taranto

#giustiziapertaranto


Una ciminiera abbattuta. Al suo posto un albero di ulivo, simbolo di pace ma sopratutto di quel futuro che Taranto rincorre da anni. Il vecchio e il nuovo. Quello che resiste e quello che ancora non c’è. Un percorso da costruire. Anzi, da immaginare. Visionari, un po’ folli, audaci, affamati di cambiamento. Così vorremmo che fossero i prossimi anni a Taranto.



Da capitale dell’industria di impostazione ottocentesca a comunità green e smart. Una città che ragioni con una sola mente e che si muova all’unisono in una fantastica coreografia. Un corpo granitico e compatto che arpioni il futuro e lo faccia suo. Sarebbe bello ma la realtà ci obbliga ad essere concreti. Concreta è la voglia di dire basta ai fumi, ai veleni dell’Ilva e delle altre industrie che hanno devastato il territorio. Giustizia per Taranto ha smosso la coltre di cenere sotto il quale “il fuoco” era stato sepolto.
Il fuoco c’è e arde ancora. Questa è una buona notizia, anche per chi non è sceso in piazza e per chi si è voltato dall’altra parte. Però non basta. Anzi, è frustrante dover ricominciare ogni volta, ricostruire il puzzle, rimettere insieme i tasselli. Tornare indietro due caselle e ripartire non porta da nessuna parte: logora l’entusiasmo, consuma le energie anche dei più tenaci, dei più convinti.
La piazza di oggi era festosa e combattiva. Ma poi ci sono i decreti, la ragion di Stato, i patteggiamenti, i rinvii contro i quali si infrangono speranze e ambizioni. Probabilmente ci vorrà tempo prima di vedere germogliare quella pianta d’ulivo intorno alla quale cantavano i bambini. Ma è per loro che bisogna continuare a lottare. Comunque, ad ogni costo.

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