riceviamo e volentieri pubblichiamo
Come
il sistema sanitario regionale della Lombardia si è adattato
all’emergenza Covid-19.
Riflessioni
sul Sistema Sanitario Nazionale e Regionale.
L’emergenza COVID-19, di natura sanitaria pone l’organizzazione
del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale in condizione di reale
stress, mettendo in evidenza limiti, complessità e contraddizioni.
A partire, quindi, dalla reazione del sistema organizzativo sanitario
lombardo all’emergenza in atto, abbiamo trovato lo spunto per
cercare di riflettere sulla ristrutturazione del sistema,
individuando aspetti e ambiti di azione possibili e praticabili già
oggi, ma anche da consegnare alla politica affinché sia capace di
promuovere un progetto di ristrutturazione del Sistema Sanitario che
sia nell’ottica dei principi fondamentali del movimento
ambientalista, e che contemperi i principi di solidarietà e
universalità, non relegando il Sistema Sanitario Nazionale pubblico
a un ruolo secondario ma, alla luce delle evoluzioni sanitarie
mondiali in atto, vero fulcro intorno al quale far nuovamente
ripartire l’economia del Paese.
La Costituzione della Repubblica, all’art. 120 c.2 prevede che il
Governo
possa sostituirsi agli organi delle Regioni, delle Città
metropolitane, delle Province
e dei Comuni
nel caso di …….. pericolo grave per l'incolumità e la
sicurezza pubblica, esercitando i poteri
sostitutivi nel rispetto dei principi di sussidiarietà
e di leale
collaborazione.
L’azione governativa, realizzata attraverso lo strumento del
Decreto Legge (art. 77 e 87 della Costituzione) e del Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, rende ragione della prima
reale responsabilità del Governo nella gestione dell’emergenza. Lo
strumento del Decreto Legge permette, appunto, di disporre
nell’immediatezza di un disposto normativo cogente, immediatamente
esecutivo, che però decadrà se non convertito in legge, garantendo
quindi lo Stato ed il percorso della democrazia. Il Governo
Regionale, modifica il proprio assetto organizzativo recependo le
indicazioni centrali, attraverso lo strumento delle Delibere di
Giunta.
Il 30 gennaio 2020, dopo la seconda riunione del Comitato di
Sicurezza, il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) ha dichiarato il focolaio internazionale di COVID-19
un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale
(Public Health Emergency of International Concern
–PHEIC)
come sancito nel Regolamento Sanitario Internazionale (International
Health Regulations, IHR, 2005). La dichiarazione di PHEIC
comporta per l’OMS di fornire raccomandazioni e misure temporanee
che, seppure non vincolanti per i paesi, sono significative sia dal
punto di vista pratico che politico.
Il
giorno successivo, 31 gennaio, è emanata una Delibera del Consiglio
dei Ministri “Dichiarazione
dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario
connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali
trasmissibili”. Lo
stato di emergenza, dichiarato su richiesta del Ministro della
Salute, rende possibili la realizzazione di modifiche organizzative
del sistema, accedendo alle disponibilità del Fondo per le Emergenze
Nazionali, di cui al’art 44 c.1, del D.Lgs n 1/2018, iscritto al
bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nei giorni successivi sono emanati una lunga serie di Decreti Legge
che, a partire dal 2 febbraio, dettano le regole di riorganizzazione
del sistema, i finanziamenti correlati nonché tutte le disposizioni
emanate per controllare l’epidemia oltre che tutte le disposizioni
in materia di tutela del lavoro e semplificazioni fiscali.
Il
Sistema Sanitario
Regionale Lombardo ha
peculiarità organizzative proprie, rese possibili dai decreti
legislativi degli anni ‘90 che vedono sul versante degli ospedali
pubblici, il processo di aziendalizzazione e la realizzazione, almeno
in Regione Lombardia, di una forte promozione della sanità erogata
da soggetti di natura
privata.
Il modello di sanità lombarda con la modifica organizzativa
applicata nel 2016, istituisce le Agenzie di Tutela della Salute
(ATS) che sostituiscono le ASL (Aziende Sanitarie Locali), accorpando
i territori (da 15 ASL a 8 ATS). Le ATS perdono ogni attività di
erogazione diretta di prestazioni, mentre rinforzano il ruolo di
Programmazione, Pianificazione e Controllo delle attività
territoriali ed ospedaliere, su mandato di Regione Lombardia. Restano
in capo alle ATS, in relazione a quanto stiamo qui esponendo, la
Medicina Territoriale e la Continuità Assistenziale. Alle Aziende
Socio Sanitarie Territoriali (ASST), istituite a partire dalle
Aziende Ospedaliere, è richiesta tra l’altro, l’organizzazione
territoriale della “continuità assistenziale ospedale –
territorio” sotto il coordinamento delle ATS di riferimento.
Tornando
all’emergenza COVID, il modello
organizzativo lombardo ha dovuto rapidamente adattarsi ad uno
scenario in forte mutamento, sotto
la spinta del Governo, in un contesto fortemente caratterizzato da:
- la presenza di un numero sempre maggiore di malati,
- la presenza “forzata” di molti malati al proprio domicilio.
Innanzi
tutto, nelle prime
fasi dell’epidemia,
vengono date indicazioni con lo scopo di:
- individuare i malati,
- disporre le quarantene,
- valutare i contatti
mentre la rete ospedaliera viene sottoposta ad una forte riorganizzazione
caratterizzata da:
- il potenziamento dell’organico del personale sanitario in forza presso gli ospedali pubblici, con assunzioni a tempo determinato aldilà dei vincoli di legge e impiego nelle strutture pubbliche anche di personale dipendente di strutture private,
- la progressiva trasformazione di numerosi reparti di degenza in reparti “COVID”,
- l’aumento dei posti letto di terapie intensive al massimo delle potenzialità,
- la sospensione di tutta l’attività programmata e differibile,
- la sospensione di tutte le prestazioni in regime privato erogate all’interno degli ospedali,
- la individuazione di percorsi di dimissione dei pazienti NON COVID o COVID - convalescenti programmati verso altre strutture di cure intermedie in grado di garantire i requisiti di sicurezza sanitaria con lo scopo di non occupare oltre lo stretto necessario i posti letto di cure intensive presso i reparti ospedalieri.
Uno dei limiti più forti all’espansione dei posti letto in terapia
intensiva o di cure intensive è determinato dalla impossibilità da
parte del mercato a far fronte alla richiesta di ventilatori
polmonari, caschi, c_pap (strumentazioni tutte destinate a sostenere
pazienti in difficoltà respiratoria).
Non rientrano infine nella sospensione le attività di erogatori
accreditati a contratto, esclusivamente per attività ambulatoriali,
con eccezione:
- delle strutture ambulatoriali facenti parte di un ente gestore unico con attività di degenza;
- degli erogatori privati autorizzati/accreditati non a contratto;
- degli studi privati di medici, odontoiatri e operatori sanitari.
Regione Lombardia individua 16 HUB per garantire le ordinarie urgenze
NON COVID. Questo cambia significativamente l’assetto ospedaliero
lombardo. Gli HUB devono essere nelle condizioni di accettare
pazienti 24 ore su 24, con più equipe disponibili ed un servizio di
guardia attiva.
Viene inoltre potenziata la presa in cura e la sorveglianza sanitaria
territoriale e domiciliare, come si vede dai Decreti Legge e dalle
DGR di Regione Lombardia, attraverso:
- L’istituzione delle USCA (unità speciali di guardia medica) attive 24 ore su 24 e destinate a vistare a domicilio i malati di COVID diagnosticato o comunque pazienti portatori della sintomatologia;
- L’istituzione delle ADICOVID: attraverso la rete privata accreditata di soggetti erogatori di prestazioni di assistenza domiciliare integrata, destinare speciali accessi ai pazienti COVID per eseguire, ad esempio, la misurazione della saturazione dell’ossigeno, parametro fondamentale nel monitoraggio di questa patologia.
Gli eventi che si rincorrono di giorno in giorno mostrano chiaramente
che con l’aumentare dei contagi tutta l’organizzazione
ospedaliera e territoriale si trova in uno stato di gravissima
sofferenza.
CONCLUSIONI
Sono immediate alcune considerazioni, che scaturiscono
dall’osservazione dei fatti:
- L’organizzazione sanitaria lombarda è stata fortemente messa alla prova nella capacità di reagire agli input del governo centrale alla riorganizzazione del sistema in emergenza sanitaria. La riconversione dei reparti, di interi ospedali, la definizione di HUB per urgenze non COVID, l’interessamento/integrazione delle strutture private è avvenuto in tempi, seppure brevi, COMUNQUE TROPPO LUNGHI ed assolutamente inadeguati al costo di vite umane che si stava pagando.
- La lentezza nella risposta e la difficoltà organizzativa denotano fondamentalmente la carenza di un programma di gestione del rischio epidemico (un Piano Pandemico Nazionale). Come se, dopo l’aviaria e la SARS e le paventate epidemie di questi anni 2000 il sistema si sia beato nell’oblio dimenticandosi completamente della programmazione sanitaria che ci sarebbe DOVUTA essere. E non può di certo essere consolatoria l’osservazione che tale carenza è responsabilità prima di tutto del Governo e del Ministero della Sanità che non ha promosso una politica di prevenzione che prevedesse la programmazione dell’emergenza epidemica.
- La Rete Territoriale, composta primariamente dalla Medicina Generale, non è stata adeguatamente supportata e protetta e, quindi, la stessa non ha potuto vestire il ruolo che probabilmente avrebbe dovuto e potuto avere nella gestione del contagio e dei malati.
- In questa situazione NON E’ STATA DI AIUTO LA FORTE PRESENZA NEL SISTEMA DI OSPEDALI PRIVATI ACCREDITATI che, seppure certamente IMPEGNATI nell’emergenza lo sono stati successivamente, anche cedendo il proprio personale, e SOLAMENTE NELLE ULTIME SETTIMANE attraverso la possibilità di accogliere degenti COVID in dimissione anticipata ospedaliera per liberare letti “intensivi” per pazienti già in fase di miglioramento. Insomma, IL PRIVATO, nonostante resti una forte leva positiva per il sistema, poiché portatore di una certa concorrenza, E’ ANCORA TROPPO
LIBERO da vincoli e DOVERI DI SISTEMA CHE, INVECE, DOVREBBERO ESSERE
PREVISTI E PRETESI.
- In realtà TUTTO IL SISTEMA PRIVATO che fortemente integra e compone l’insieme delle unità di offerta (quindi comprensivo di strutture ospedaliere ma anche di RSA Residenze Sanitarie Assistenziali per anziani non autosufficienti, RSD – Residenze Sanitarie per Disabili e ancora ADI – Assistenza Domiciliare Integrata ecc) DOVREBBE ESSERE OGGETTO DI UNA PROFONDA RIFLESSIONE. Non può essere sistema che imbriglia, mette in scacco, indirizza l’organizzazione più generale che si trova, sempre più spesso, sguarnita ed in difficoltà di fronte a privati che monopolizzano il sistema. IN PARTICOLARE PENSIAMO CHE PARTE DELLE POLEMICA SULLE MORTI IN RSA DELL’ULTIMO PERIODO SIA FRUTTO DI QUESTO DISEQUILIBRIO. Erano le strutture, datori di lavoro e convenzionate con il sistema, a dover garantire percorsi diversificati per pazienti forse positivi, DPI per il proprio personale, procedure e metodi di lavoro. E compito del sistema sanitario regionale, certamente, quello di vigilare CON GRANDE ATTENZIONE SOPRATTUTTO IN CASI PARTICOLARI.
PROPOSTE
L’analisi della situazione emergenziale in corso mette in evidenze
le enormi fragilità e contraddizioni del sistema sanitario sia nella
sua organizzazione territoriale che ospedaliera. La Politica deve,
quindi, impegnare le proprie energie a ristrutturare il sistema,
rilanciando in primo luogo, il Sistema Sanitario Nazionale
rispondente a criteri e valori che non possono oggi essere più
lasciati da parte ma che devono essere difesi.
La
Politica dovrà essere in grado di prendere atto che è necessario
ripartire da assunti completamente diversi. Infatti, oggi più che
mai alla luce della situazione pandemica in corso che cambia
radicalmente la prospettiva futura, nessun
sistema economico può sopravvivere senza una sanità forte.
Se in futuro, come ci viene ricordato da più parti, a causa del
riscaldamento globale saremo sempre più esposti a pandemie virali,
non vi sarà alcun
sistema produttivo praticabile o efficiente se non accompagnato da un
sistema sanitario pubblico forte,
in grado di affrontare le emergenze e curare le persone. E’ così,
quindi, che la SALUTE
deve essere riconosciuta come un bene destinato a tutti, e il cui
valore va globalmente difeso.
Riteniamo inoltre di indicare l’importanza di:
- Mettere al centro dell’azione sanitaria la PERSONA, perché è per questo che il sistema sanitario esiste. Ce lo rammenta l’articolo 32 della Costituzione Italiana che riconosce la SALUTE quale diritto della persona che deve essere garantito a tutti, indistintamente. Oggi i sistemi sanitari e le derive che hanno raggiunto sono tali che questo diritto NON VIENE DI FATTI RICONOSCIUTO A MOLTE PERSONE. E seppure i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) insieme alla “teorica” garanzia di tempi d’attesa congrui dovrebbero essere uguali per i più, nella realtà dei fatti i meno abbienti attendono mesi per prestazioni anche importanti e salva vita mentre chi dispone di maggiori facoltà economiche può curarsi prima e meglio!
- Riconsiderare il concetto di “percorso di cura” già presente nella legge 833 in chiave più attuale. Alla fine degli anni 70 il percorso di cura era, giustamente, fatto di prevenzione, diagnosi, ospedalizzazione e cura ed infine riabilitazione. In tempi più attuali la prevenzione deve essere vista in chiave di management del rischio, di programmazione strategica e prevenzione del rischio epidemico, oltre che di
prevenzione primaria delle patologie, promozione di stili di vita
sani eccetera. Al percorso diagnostico terapeutico segue, in molti
casi, lo stabilizzarsi di una condizione cronica di patologia che
deve trovare oggi propri modelli assistenziali peculiari.
- Sviluppare il concetto di prevenzione primaria allargandolo alla promozione di un ambiente più salubre, ad una visione dell’organizzazione delle città e delle abitazioni più a misura d’uomo riducendo la concentrazione delle persone.
- Sviluppare un modello organizzativo sanitario basato su una rete ospedaliera efficiente fatta di ospedali ad alta specializzazione, poli di eccellenza integrati universitari integrati con i centri di ricerca scientifica, accanto a centri per cure a bassa intensità assistenziale e di cure intemedie. Sono da promuovere e sviluppare i modelli di presa in carico delle cronicità che tengano veramente conto dell’elevato valore professionale e strategico del Medico di Famiglia, anello di congiunzione con la rete ospedaliera. Devono essere ancor di più promosse le reti di patologia, che attraverso il confronto tra professionisti di branca, permettono di ottenere elevati standard assistenziali in tutti i punti della rete.
- Concorrere a rendere solido e affidabile il Servizio Sanitario Nazionale pubblico privilegiando i soggetti pubblici, gli IRCCS, gli Ospedali Classificati eccetera ai soggetti privati. Regolamentare l’integrazione pubblico-privato e la libera professione secondo i reali bisogni di salute.
- Rivalutare i metodi di finanziamento al sistema sanitario pubblico mettendo fine all’imponente de finanziamento che, negli ultimo 10 anni, ha concorso a depotenziare, smantellare e svilire gli ospedali pubblici a tutto vantaggio dei soggetti di natura privata.
- Mettere fine a tutti gli strumenti di privatizzazione occulta. la sanità integrativa è un sistema caratterizzato da un’estrema deregulation che contribuisce a minare la sostenibilità del SSN. Infatti, l’intermediazione finanziaria e assicurativa genera profitti utilizzando anche il denaro pubblico sotto forma di detrazioni fiscali, per fornire prestazioni prevalentemente sostitutive che alimentano il consumismo sanitario e rischiano di danneggiare la salute delle
persone. E’ necessario realizzare un riordino normativo della
sanità integrativa, in grado di restituire a quest’ultima il suo
ruolo originale, ovvero quello di coprire prevalentemente o
esclusivamente le prestazioni non incluse nei LEA, evitando che il
denaro pubblico, sotto forma di incentivi fiscali, venga utilizzato
per alimentare i profitti dell’intermediazione finanziaria e
assicurativa e tutelando al contempo, cittadini e pazienti da derive
consumistiche.
- Costruire un Servizio Socio Sanitario Nazionale, perché i bisogni sociali sono urgenti, riguardano una fascia di popolazione fragile, non possono essere sempre messi da parte.
- Riformare urgentemente il Titolo V della Costituzione Italiana in modo da riportare le competenze relative alla Tutela della Salute in capo allo Stato centrale, tutto ciò a fronte, anche, dell'irresponsabile confusione causata dalle decisioni assunte dalle singole Regioni derivanti dall'assegnazione delle competenze sanitarie in capo alle stesse (adozione di misure più restrittive rispetto a quelle emanate dai Decreti governativi. creazione di comitati tecnico/scientifici che hanno smentito le indicazioni nazionali e persino attuazione del blocco dei traghetti tra la Calabria e Sicilia).
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