Di Ilaria Salis Eurodeputata VerdiSinistra
“Quando lavoravo come maestra avevo classi, quasi intere, di bambini che periodicamente dovevano assentarsi per recarsi in questura a rinnovare il permesso di soggiorno.
Vi rendete conto? Un bambino di sei anni costretto ad andare in questura, spesso all’alba, e mettersi in fila per ricevere l’assurda concessione di poter stare nel paese dove abita, o dove magari è persino nato. Questo, oltre a tutte le altre discriminazioni che già in tenera età sono costretti a subire.
Nella civilissima Milano è capitato, a più riprese, che alcune famiglie di richiedenti asilo fossero addirittura caricate con manganelli e lacrimogeni dalla polizia mentre si trovavano, in pieno inverno, a fare la coda al freddo e al buio per i documenti.
Che dei ragazzini nati e/o cresciuti in Italia non possano vivere sereni al pari dei propri compagni è una barbarie inqualificabile. Chiunque abbia un briciolo di umanità e decenza, dovrebbe scagliarsi contro chi difende un simile modello di società. È una questione di civiltà, livello base. Ma la faccenda è ben più ampia di come viene ridotta nel dibattito pubblico.
Le economie dell’Italia e dell’Europa si reggono sul lavoro di milioni di persone straniere, spesso confinate nei settori dove lo sfruttamento è più duro, i rischi per la salute maggiori e le possibilità di ascesa sociale pressoché inesistenti - agricoltura, edilizia, ristorazione, pulizia, cura.
Eppure, queste persone, non usufruiscono degli stessi diritti dei cittadini. Diritti molto materiali, come l’accesso alla sanità, al welfare, alla formazione, la mobilità, etc. Cose banali, ma che fanno la differenza nella vita di una persona.
Dunque, anche e sopratutto questo è capitalismo razziale. Il principio da contrapporre è molto semplice: a parità di doveri, parità di diritti. Solo in una società dove il razzismo è sistemico, spesso così radicato da non percepirlo nemmeno, si può accettare una simile discriminazione codificata nella legge.
Lo Ius Scholae, che pur scandalizza le destre peggiori, è una riforma gravemente insufficiente e rischia persino di introdurre altre discriminazioni, non tenendo conto per esempio del fenomeno della dispersione scolastica.
Pure lo Ius Soli, che è una realtà concreta non nell’Isola di Utopia ma addirittura negli Stati Uniti d’America, sarebbe troppo poco.
𝗜𝘂𝘀 𝗦𝗰𝗵𝗼𝗹𝗮𝗲 𝗲 𝗜𝘂𝘀 𝗦𝗼𝗹𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗽𝘂𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗿𝗿𝗶𝘃𝗼, 𝘁𝘂𝘁𝘁’𝗮𝗹 𝗽𝗶u 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗮𝘀𝘀𝗮𝗴𝗴𝗶.
𝗤𝘂𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗮 è una 𝗯𝗮𝘁𝘁𝗮𝗴𝗹𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗲 𝗲 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗮𝗳𝗳𝗲𝗿𝗺𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗲 𝗲𝗴𝘂𝗮𝗴𝗹𝗶𝗮𝗻𝘇𝗮.”
Ilaria Salis
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