domenica 13 settembre 2020

Sui fatti di Colleferro. Una analisi seria.

 Leggendo questo post non potevamo non ripubblicarlo qua. 

Avremmo voluto che fosse l'editoriale di la repubblica del manifesto o un messaggio a reti unificate. Grazie Elena 

Dopo che la sedicente società civile ha pianto le sue lacrime di coccodrillo per Willy, nella risacca del mare salato che lambisce le sua coscienza, si può riprendere il ragionamento sui fatti di Colleferro. La mia tesi è che gli autori di quel crimine non siano giovani qualsiasi, delinquenti qualsiasi, di una provincia qualsiasi, di una classe qualsiasi, ma siano l'esempio plastico della nuova destra sociale che galoppa nelle immense praterie stoppose delle periferie italiane, da decenni. In tal senso colgo con favore sia le parole della Segre, che richiamano la persistenza di una cultura fascista in Italia, sia quelle di Gratteri, che vi scorgono il portato di una cultura mafiosa con precisi connotati. Aspetti che non sono affatto in contraddizione, ma anzi coerenti, per chi abbia studiato minimamente il fascismo di ieri e di oggi. Ma è ovvio che ampia platea fatichi, dopo lustri di mortificazione della propria capacità critica, a dare alle cose il loro nome. Sicché li vediamo inerpicarsi armati di pseudo teorie sociologiche e psicologiche, attribuendo ai fatti chiavi interpretative riconducibili al tema della "droca" (gioventù bruciata!), al tema della "devianza" e della marginalità sociale, intesa come "carattere criminale", al tema della "malattia mentale" (sono pazzi!) o addirittura al tema degli "sport violenti" tali per cui sul banco degli imputati finisce addirittura un'intera palestra. No. Non sono d'accordo. Questa moltitudine di intellettualini non riescono a vedere il neofascismo quando si presenta sotto il loro naso, per il semplice motivo che sta banda non aveva in tasca la tessera di partito, e per il semplice fatto, ancora più eclatante e ignorato, che i fascisti sono stati ormai sdoganati completamente anche sulla scena istituzionale, come fossero innocui soggetti politici nell'agone elettorale. Così non è. Così non è che qualsiasi cocainomane finisca a giocare al Wrestling con le teste degli altri, non è che qualsiasi spacciatore sia Rambo, non è che andare in palestra generi mostri assetati di sangue e facili proventi. Il mostro sorge dall'ideologia, ovvero l'organizzazione di una visione del mondo, di cui sono portatori questi squadristi d'assalto, nonché dai loro sordidi interessi. Sicché fascista è una visione del mondo fondata sulla sopraffazione e l'uso terroristico della violenza, fascista è il culto spasmodico ed edonistico del corpo, fascista è l'agire in gruppo, 4, 5 o 10 contro uno, fascista è lo sfruttamento immorale e fascista è infine il razzismo, che le dichiarazioni di amici e famigliari hanno palesato. Fascista è anche la fuga in Suv, da conigli, tanto quanto i "futili motivi" che hanno mosso allo "scontro", che per 20 minuti ha prodotto un macello sotto le finestre della Caserma, derubricato a "rissa" dagli agenti, non intervenuti pur sentendo pesta e urla strazianti (anche questo va ricordato). Futili motivi riconducibili al più bieco maschilismo, fascistoide e reazionario, in "difesa" del perimetro ideologico di un "sesso debole" conteso tra "maschi", quella lurida sera. Tutto questo è fascista, profondamente. E il fatto che non si voglia ammettere, è solo per minimizzare la rilevanza politica di questi fatti e ridurli a "episodici", per "spoliticizzarli" quel tanto che basta alla cronaca per masticarli e sputarli, lavando la coscienza nazionale, che d'altronde, graziata a Norimberga non ha ancora veramente mai fatto i conti con le atrocità dei crimini fascisti di ieri. E invece poco o nulla è cambiato, nel sostrato politico, ideologico e anche economico (fascista è anche la carogna del piccolo borghese che si tuffa nella fogna, altro che emerito imprenditore della frutta) che supporta la ferocia fascista, frutto sistemico di politiche, culture, e affarismi ben precisi, i quali si sviluppano (e saldano) sui territori, collegando "città di sopra e quella di sotto", direbbe Carminati, in tempo di crisi.

Da E.h.i. 

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