giovedì 9 gennaio 2020

Storia. CORREVA L'ANNO 1950 (e la strage dei lavoratori continuava)

Da Elena
Con la vittoria della Democrazia Cristiana alle elezioni del 18 aprile del ’48 si acuì la #repressione delle rivendicazioni dei lavoratori.
Fra gli episodi più “neri” di quella stagione politica all'insegna dei sacrifici per la ricostruzione del paese sulle macerie della guerra nazifascista si ricorda la strage alle Fonderie Riunite di Modena.



Adolfo Orsi, il “padrone” (poiché chiamarlo "datore" di lavoro non escludeva la morte) delle Fonderie, era uno che “s’è fatto da sé”: da giovane garzone a macellaio, a imprenditore.
Fatto "da solo" raggiunse il traguardo eguendo una ricetta antica e semplice: salari da fame, fiato sul collo e zero diritti agli operai.
Orsi non riconosceva la Commissione Interna , non trattava con la Camera del Lavoro e quando gli operai provarono a protestare decise la “serrata”, chiudendo la fabbrica e mandando a casa 565 lavoratori "insubordinati" alla sua legge del comando.
Il 5 dicembre del ’49 comunicava la riassunzione di 200/300 operai in vista dell'anno nuovo, ma annunciando altresi anche che sarebbero stati selezionati secondo i suoi criteri: sarebbero rientrati in fabbrica solo quelli a lui "graditi".
La CGIL decise di proclamare lo #sciopero e una manifestazione di protesta contro tali licenziamenti ingiustificati.

Il 9 gennaio 1950 gli operai modenesi invasero pacificamente le strade della città per dirigersi ai cancelli della fabbrica.

Non si verificarono "scontri", non ci furono “provocazioni” né violenze da parte dei dimostranti.
Semplicemente la polizia si mise a sparare sui lavoratori e alcuni cecchini, posizionati sui tetti circostanti, iniziarono a falcidiare dall'alto i pacifici manifestanti.

Uno centrerà dritto alla nuca il giovane Ennio Garagnani mentre ancora si recava al comizio in Piazza Roma. Un altro fredderà Arturo Chiappelli mentre da solo stava attraversando i binari delle Fonderie. Intorno a Piazza Roma fu assassinato anche Roberto Rovatti, operaio ex partigiano. Un carabiniere sparò a bruciapelo contro il trentenne Angelo Appiani e stessa la sorte toccherà ai giovani Arturo Malagoli e Renzo Bersani.
Un centinaio di “fortunati” scamparono al massacro affollando l’ospedale con ferite gravi e gravissime, e i loro nomi, come le loro condizioni di salute cagionate da questa mattanza, verranno invece consegnati all'oblio.

Rimane questa targa a ricordo di questa "brillante" (di fuochi fatui e scoppio di polveri) operazione di "ordine pubblico", che segnò il tratto politico del Governo Scelba*, di cui porta la legge contro la ricostruzione del partito fascista in Italia. L'operazione militare fu un piano preordinato, studiato a freddo per terrorizzare i lavoratori e intimidire i loro rappresentanti.

Nenni e Togliatti si recano subito a Modena e Togliatti, d'accordo con la compagna Nilde Iotti, decise di prendere in adozione la piccola Marisa, sorella di Arturo Malagoli, sottraendola alla miseria più nera cui era consegnata dalla morte del fratello, in anni dove lo Stato sociale non era ancora un ombrello collettivo.

“Il governo cattolico di De Gasperi e Scelba con la sua politica di fame, odio e paura, ha condotto al delitto permanente” recitava il fondo di Nenni il giorno successivo su “L’Avanti”, mentre il padre costituente Terracini, nella drammatica relazione che svolse davanti ai parlamentari dell'opposizione convocati d'urgenza il giorno dopo la strage, denunciava senza mezzi termini che si trattasse di “omicidi premeditati, eseguiti a sangue freddo.”

Il 10 gennaio migliaia di persone attraversavano la città in corteo, dietro un grande striscione recante la scritta: “La caccia è aperta: 6 operai uccisi a Modena.”

Questo la Rai non lo racconta mai.

*governo Scelba che però sarà nominato solo nel '54, nel '50 Mario Scelba era ancora ministro dell'Interno. ma il suo imprinting politico segna una vera e propria "era" della gestione dell'ordine pubblico post-bellica all'insegna della repressione più sorda e di una straordinaria continuità istituzionale (anche relativa proprio al personale impiegato in Questure e Prefetture; peculiarità che farà sì che Pertini, ormai Presidente della Camera e in visita ufficiale, si troverà a reincontrare in tutt'altra veste il suo carceriere degli anni del confino, quale dirigente della Questura di Milano nei giorni dell'assassinio di Pinelli e della strage di piazza Fontana, nel 1969).

Una bella canzone che ricorda i fatti:
https://www.youtube.com/watch?v=-VlkDqizxf0

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