martedì 21 agosto 2018

I regali alle autostrade chi li ha fatti?

Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è rivoluzionario. 
è senz'altro utile provare a comprendere il perchè di questa situazione.

proviamoci. Una considerazione illuminante di Sauro Turroni e a seguire un articolo di Gianluca Solera.



"PERCHE' IL PD HA TACIUTO E NON HA SPIEGATO con forza che i regali alle societa' autostradali li ha fatti il centrodestra berlusconi - lega nel 2008, addirittura col voto favorevole di salvini ?
Non e' solo un problema di situazione comatosa del partito , il fatto e' che dopo le rottamazioni i nuovi parlamentari non hanno nulla da dire perche' non sanno, non studiano i dossier, non conoscono niente, si limitano ad una politicuccia di bassissimo profilo "curando il collegio", preoccupandosi delle bagatelle di casa loro"


Ponte di Genova: revocare le concessioni autostradali è giusto


All’incirca tra il 2000 e il 2004, in qualità di consigliere politico dei Verdi al Parlamento europeo, avevo seguito insieme a Anna Donati (WWF Italia) e Monica Frassoni (europarlamentare) la vicenda delle concessioni autostradali. L’Italia ha sempre avuto la pessima abitudine di rinnovare le concessioni ad enti gestori privati senza passare per gara pubblica, violando così le normative europee in materia di appalti pubblici, mercato interno e trasparenza amministrativa. Tale politica ha interessato numerosi concessionari (in Italia vi sono più di una ventina di società concessionarie, Autostrade per l’Italia spa è solo la più grossa, gestendo la metà della rete autostradale nazionale) e si reggeva sul principio dello scambio: ti concedo di gestire la lucrosa attività dei pedaggi autostradali in cambio della costruzione di nuove infrastrutture, e questo senza passare per una gara pubblica. Questa è stata una politica seguita sia dal Centrodestra che dal Centrosinistra, che hanno disprezzato apertamente le direttive comunitarie in merito. La pratica del rinnovo delle concessioni rispondeva a logiche clientelari, e non è da escludere che le ricche società concessionarie figurassero anche tra i finanziatori dei partiti italiani. Di quest’ultimo aspetto non mi sono preoccupato. Mi sono invece preoccupato del folle patto di sviluppo infrastrutturale che reggeva la politica del rinnovo delle concessioni a trattativa privata. Pur di assicurarsi convenzioni milionarie, le società autostradali proponevano infrastrutture di ogni sorta: sono nate dunque in questi ultimi vent’anni nuove arterie, varianti, pedemontane e assi che hanno ulteriormente cementificato il territorio italiano e promosso il trasporto su gomma, con costi ambientali e sociali notevolissimi. Queste nuove opere sono sovente state presentate come opere che si auto-finanziavano, ma i loro oneri sono poi ricaduti sulle spalle dello Stato[1].
La manutenzione, in tutto questo, giocava un ruolo secondario; non era in nome della manutenzione che gli amministratori pubblici acconsentivano al rinnovo di concessioni senza gara. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: nuovi chilometri di cemento, riduzione della trasparenza amministrativa, flessibilità sulla manutenzione delle opere esistenti. Quanto ha dichiarato a cavallo di Ferragosto il vice-premier Di Maio sulla “leggina” purtroppo è vero: ennesima proroga delle concessioni autostradali al 2042 autorizzata dal Governo Renzi con decreto del 5 novembre 2014 – sfidando le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici – in cambio di nuove opere, ovvero di nuovo cemento.
Procedure di infrazione sono state avviate dalla Commissione europea grazie anche alle segnalazioni effettuate con Anna e Monica nei primi anni 2000, ed in almeno un caso l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Si tratta del caso della Tirrenica S.p.A..(SAT), titolare della gestione della A12 Civitavecchia – Livorno (deferimento avvenuto il 17 maggio 2017[2]). Come dicevo, il contenzioso Italia – UE sulla partita concessioni durava da una quindicina d’anni. La rilevata infrazione del diritto dell’Unione Europea consisteva nella mancata indizione di procedure ad evidenza pubblica per l’assentimento della concessione una volta che quest’ultima era venuta a scadere (nel 1999, nel caso della SAT). La Commissione europea già nel 2009 aveva avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, poi chiusa a fronte degli impegni assunti dalle competenti Autorità nazionali italiane ai fini della conformazione al dettato normativo dell’Unione in materia di appalti pubblici. Avendo rilevato il mancato adempimento dell’Italia agli impegni assunti nel 2009, la Commissione decise di aprire una nuova procedura di infrazione nel 2014, invitando il nostro governo a conformarsi al diritto dell’Unione nel termine perentorio di due mesi. Cosa che non avvenne (il decreto Renzi di cui sopra ne è la prova), da cui il deferimento.
Anche altre società sono state interessate da questo contenzioso. Se in alcuni casi, l’esame comunitario non ha purtroppo portato alla procedura di infrazione, in altri casi sì, come con Autostrade per l’Italia spa. Il caso è stato chiuso Il 27 aprile u.s. dalla Commissione europea dopo una trattativa con l’Italia che ha limitato i danni, ma non ha ristabilito la piena legalità. La Commissione ha deciso di chiudere il contenzioso autorizzando la parziale proroga della concessione in cambio di salvaguardie contro la sovra-compensazione della società concessionaria, un massimale sull’importo che la concessionaria possa ottenere al termine della concessione vendendo i propri attivi, nonché la messa a gara delle opere infrastrutturali a valle[3]. I giornali scrivono oggi che l’UE non c’entra con la vicenda del ponte di Genova, ma avendo avvallato seppure con dei correttivi la politica tutta italiana di prorogare concessioni senza gara pubblica, e nello specifico di Autostrade per l’Italia spa, non possiamo dire che l’Europa non c’entri. L’Europa avrebbe dovuto agire con fermezza contro l’Italia fin dall’inizio, e imporre la riapertura a gara di tutte le concessioni, perché solo la gara pubblica protegge da amicizie interessate, scarsa trasparenza, scambi di favori, e bassa qualità della manutenzione. Lo ripeto, la politica delle proroghe ha un’incidenza diretta sulla qualità delle nostre infrastrutture autostradali, e spinge i concessionari a investire sul nuovo piuttosto che sull’esistente per ottenere dei benefici dalle autorità pubbliche, perché i concessionari sanno che a un politico fa più piacere tagliare il nastro di una nuova autostrada, seppur inutile o deleteria per la riconversione ecologica del sistema trasporti che sia, piuttosto che sapere che vi siano mille piccoli e invisibili cantieri di manutenzione aperti.
Ezio Mauro, su La Repubblica di oggi, 17 agosto, nel suo editoriale sulla vicenda del ponte di Genova e delle infrastrutture italiane si scaglia contro i sostenitori della “decrescita” accusandoli di propagandare una “regressione nazionale felice”, un destino antimoderno e oscurantista, e non dice nulla della politica illiberale e clientelare delle proroghe autostradali dei governi di Centrodestra e Centrosinistra che stanno alla base degli insufficienti investimenti di questi anni nella manutenzione e nel restauro delle opere esistenti. Ezio Mauro fa quello che faceva il M5S quando era all’opposizione: scagliarsi contro l’avversario sempre e comunque. Quanto ha proposto il presidente del Consiglio Conte sulla revoca della concessione autostradale è giusto e rimette in discussione il vizio delle proroghe alla radice. Invece di scagliarsi contro questo provvedimento annunciato, i nostri mezzi di informazione dovrebbero fare la storia delle relazioni di potere tra concessionari autostradali e partiti politici, e raccontare di come la mancanza di trasparenza e concorrenza pubblica abbiano contribuito a erodere la buona gestione del nostro patrimonio infrastrutturale nel corso dei decenni, oltre che consumare voracemente suolo prezioso. Non ci vuole un dottorato per capirlo: quando sai che resterai il gestore di un servizio per sempre, perché hai amici a Roma, puoi prendere la vita più alla leggera e, tra un caffè e l’atro, lavorare quanto basta.
Torino, 17 agosto 2018.

Note
[1] Leggete il libro-denuncia “Strade senza uscita” (Castelvecchi, 2013) di Roberto Cuda, che spiega come investire in autostrade come si è sistematicamente fatto finora, utilizzando il vizioso meccanismo della proroga, non è scelta sostenibile per il Paese, né dal punto di vista economico e sociale, né da quello trasportistico, né per le ricadute ambientali negative che ciò comporta.
[2] Commissione europea, “Concessioni autostradali: la Commissione deferisce l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea”, Comunicato stampa, 17 maggio 2017.
[3] Commissione europea, “Aiuti di Stato: la Commissione approva un piano d’investimento per le autostrade italiane”, Comunicato stampa, 27 aprile 2018. E questo è il commento di Monica Frassoni: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/30/autostrade-neanche-margarete-vestager-e-riuscita-a-sconfiggere-i-soliti-noti/4322199/#cComments

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