martedì 20 giugno 2017

La vittima è la musica, l'accusa è di omicidio

Più per sfiga che per casualità mi sono imbattuto nella performance di due personaggi, a quanto pare di enorme seguito, che devono la propria popolarità ad una risibile diffusione a macchia d'olio della musica in quattro quarti. Adoranti, ai piedi del palco, una moltitudine di ragazzine cui c'è da scommettere non sia ben chiara la differenza che passa tra Grandmaster Flash e David Guetta. Il che non sarebbe affatto grave se non fosse che il duo di cui sopra, e relativo codazzo ululante, millanti l'appartenenza ad un mondo, quello del rap, smantellato a queste latitudini proprio dal proliferare incontrollato di situazioni similari. 

Una cultura che ad inizio anni '90 seppe elevare sé stessa ai livelli delle nazioni europee di riferimento, grazie ad una generazione di parolieri finalmente ispirati, supportati da produzioni virtuose e dj tecnicamente ineccepibili. Al punto che il passaggio logico dall'aver qualcosa da dire al farlo con stile, nella nostra ricchissima lingua, smise di essere una chimera, nonostante la radicata affezione tutta italica per il cliché marcio da tempo delle mele di Mogol e il suo target.
A colpi di strofe sole-cuore-amore e ritornelli ossessivo-compulsivi cantati da qualche carneade fuoriuscito dai talent televisivi e preso a nolo per l'occasione, i due capofila del rap 2.0 riempiono dunque senza soluzione di continuità stadi e palazzetti mentre, non più tardi di una ventina di anni fa, erano sufficienti le dita di una mano per contare i presenti ad una jam session di qualità. Così è la vita.
La coppia di funamboli delle rime baciate consta, a beneficio di chi non lo sapesse, di un volto noto dei tempi che furono, e dei quali incarnava con profitto il ruolo dello scarso, e di un membro tipico della next-gen. Ragazzino belloccio e dall'outfit ricercato che si atteggia da duro manco fosse Tupac, salvo poi frignare al primo soffio di vento contrario. Un poser, insomma.
Il risultato di tale scempio è, come spesso accade, un'operazione commerciale assolutamente vincente. Missione compiuta e pertanto giù il cappello, ciò detto senza ironia.
L'insegnamento che noi fruitori non apprenderemo nemmeno questa volta è che uccidere la musica e farla franca sarà sempre una cosa possibile. Ai nuovi eroi, in premio per essersi impossessati della nostra fedeltà, il Rolex che fingono pure di detestare. Ma solo finché il polso non è il loro.

articolo scritto da chi, sotto la pioggia, ai concerti punk, fuori dal carcere, non mancava mai, perchè la musica è musica se ha sapore di libertà e a quella si dedica.
liberanotizienews

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