domenica 6 giugno 2021

A proposito di ristorazione e lavoratori dipendenti

 Riceviamo con invito di pubblicazione. Invito alla lettura 

Ho lavorato per 17 anni nel settore della ristorazione, ed in questi lunghi anni ho cambiato diversi luoghi di lavoro. Al netto della prima esperienza, nella mitica Pasticceria LaQuale (in via delle Panche), con la storica gestione D'effremo, il resto è stata un'avventura e spesso molto poco piacevole. In un locale su Ponte Vecchio, lavoravi a ritmi serrati, con uno dei soci che ti urlava h 8/9 ore nelle orecchie manco fosse stato uno che doveva spingere il gregge. Erano gli anni in cui a Firenze i soldi si facevano a palate. Avevo solo 20 anni ed ero assunta per 4 ore al giorno ed il resto delle ore pagate a nero. A sistemare gli stipendi c'erano le mance (molto alte) dei turisti stranieri. Andai via perché un giorno risposi a voce sostenuta ad uno dei berci del "padrone" che mi tirò dal grembiule in mezzo ai clienti e voleva quasi mangiarmi. Levai il grembiule e andai a denunciarlo ai carabinieri. In una famosa pasticceria sui viali, lo stipendio da apprendista e lavorare sodo. A pranzo e cena. Mi dimisi per un altro lavoro: lo sforzo non valeva lo stipendio, senza formazione, senza sicurezza. Poi iniziò la parentesi "ristorazione veloce": pagamento da CCNL. Feci il colloquio che praticamente mi avevano già assunta. Chiesi del salario, mi dissero che ero stata l'unica di quel gruppo a chiedere. Ristorazione veloce vuol dire che devi essere scattante, precisa e sorridente a prescindere dai drammi. Veloce, velocissima... Perché la gente deve prendere il treno (e non è una metafora). Fu lì che per la prima volta mi sentii dire che fossi un numero e che nessuno fosse indispensabile (quanto fosse una cazzata lo sapevano sopratutto loro, I direttori e i grandi Manager) ma preferivano comunque la spocchia da superiori. Poi ho iniziato a fare la delegata sindacale e mi si è aperta la mente, anzi il cranio. Da lì la mia vita è cambiata, perché ho capito quanto fossero indispensabili i lavoratori (lo sapevo di già, istintivamente, ma da lì ho capito davvero), di quanto siano la parte più importante di un'azienda e di quanto l'azienda non fosse tanto della parte manageriale, quanto sopratutto della componente "operaia". È il lavoro che produce economia, non il contrario. Eppure alcune parti datoriali e pseudo"luminari" dell'economia continuano a considerarli al pari di un mobile, un pensile, una cassa.

Siamo arrivati al punto. Credo che il grido disperato dei ristoratori e albergatori che non trovano lavoratori derivi dai lunghi anni di sfruttamento nel quale hanno fatto affogare i lavoratori del turismo. Allora basterebbe stare alla sfida: Assumere rispettando i Ccnl di settore, senza nemmeno un'ora a nero, per un massimo di 48 ore settimanali; Aumentare anche i minimi contrattuali e le aziende più prestigiose potrebbero pensare anche alle contrattazione di secondo livello; E poi "Grazie, Prego, ed è davvero una fortuna averti nel mio staff". Io dico che da qui a un mese il problema sarebbe risolto.

Vi rode un sacco eh? Che gli schiavi si siano stancati di fare gli schiavi. E chiaro è che non si possa vivere di sussidi, ma bene la consapevolezza che non si possa lavorare nemmeno per 800 euro al mese (quando va bene), senza contributi e se non ti va bene la porta è lì. Ai lavoratori: denunciate. Questo Paese deve essere cambiato adesso. Ai consumatori: pagate con il bancomat. Questo Paese deve essere cambiato adesso.

E W la bella stagione

Di Pierpaola Vicenzi

Nessun commento:

Posta un commento