mercoledì 27 novembre 2024

le barricate dell’agosto 1922 a Parma. a cura dell'Istituto Ferruccio Parri

 un vittorioso esempio di resistenza al fascismo: le barricate dell’agosto 1922 a Parma.


Ciò che accade a Parma nell’agosto del 1922 ha il sapore e l’incedere di una delle tante battaglie della guerra di Troia raccontate da Omero nell’Iliade. Con il finale ribaltato però: questa volta a vincere non sono i greci ma i troiani, come racconta Elisabetta Vergani nel reading teatrale. Non è Achille-il fascistissimo Italo Balbo, ma Ettore-Guido Picelli, socialista, a guidare la vittoriosa resistenza della città emiliana contro l’imponente assalto fascista.

All’alba del 2 agosto 1922, 15.000 squadristi provenienti dall’Emilia, dal Veneto, dal mantovano, dal cremonese e dalla Toscana, assediano la città di Parma per prenderne il controllo.

Guido Picelli, figlio di una portinaia e di un vetturino, nasce a Parma il 9 ottobre 1988. Lavora prima come orologiaio, poi come attore in una compagnia teatrale. Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, aderisce al Partito Socialista Italiano, diventandone segretario e deputato. Nella convinzione che lo scontro con le squadre fasciste avrebbe dovuto essere anche sul piano militare, nell’estate del 1921 fonda gli Arditi del Popolo, un’organizzazione paramilitare che unisce fra le sue fila comunisti, anarchici, socialisti e anticapitalisti.



Il 31 luglio 1922, viene proclamato dall’“Alleanza del Lavoro” lo sciopero legalitario in opposizione al fascismo. Il Partito Nazionale Fascista, dopo aver fatto fallire le manifestazioni in tutta la penisola, il 4 agosto invia Italo Balbo a Parma. Contrariamente alle altre città d’Italia, a Parma gli scioperanti non hanno intenzione di fermarsi.



Appena giunge la notizia dell’arrivo dei fascisti in città, il comando degli Arditi del Popolo convoca i capisquadra e dà loro disposizioni per la costruzione immediata di barricate, trincee e reticolati. All’ordine di prendere le armi, la popolazione operaia scende per le strade, impetuosa come le acque di un fiume che straripa, con picconi, badili, spranghe e ogni sorta di arnesi, per divellere pietre, selciati, rotaie del tram, scavare fossati, erigere barricate con carri, banchi, travi e lastre di ferro. Nelle case vengono fabbricati ordigni esplodenti, pugnali fatti con lime, pezzi di ferro e coltelli. Dalla finestra di una casa una ragazza di 17 anni, tenendo levata alta un’accetta e agitandola, grida ai compagni sulla via: “se vengono io sono pronta!”.

Uomini, vecchi, ragazzi, e soprattutto donne, tante donne, sono tutti uniti con un solo importante obiettivo: resistere e combattere.


Barricate a Parma. Immagine di “Teste Parlanti”

Dopo tre giorni di aspri combattimenti, che vedono impegnate le zone dell’Oltretorrente e del Naviglio parmense, le truppe di Balbo sono costrette prima a retrocedere poi a ritirarsi definitivamente. Così scrive nel suo diario il comandante della spedizione fascista: “La città è rimasta quasi impermeabile; invece nella provincia la conquista fascista è quasi completa. (...)  La popolazione asserragliata nelle case trasformate in fortezze, con abbondanza d’armi e tiratori scelti sui tetti: le strade bloccate da barricate col materiale delle scuole e delle chiese... hanno solidarizzato coi rivoltosi la Camera del lavoro sindacalista e la camera del lavoro socialista, molti del partito popolare, persino alcuni preti in sottana”.


Barricate a Parma. Immagine di “Teste Parlanti”

Ricorda il socialista Picelli: “Le schiere di Balbo ormai disperse vennero perdute di vista. La spedizione in grande stile contro il proletariato parmense al quinto giorno si trasformò in un disastro”. Nelle file delle Camicie Nere trentanove i morti, centocinquanta i feriti. Dalla parte dei parmensi, invece, qualche ferito e cinque morti.



Cinque giorni di assalti, scontri, battaglie. Ma la città, grazie alle barricate, resiste imperterrita all’assalto fascista. Per una volta la storia non è favorevole ai forti, ma a coloro che con coraggio e sangue freddo sono riusciti a dominare la battaglia allontanando il nemico.



Sul monumento eretto a Parma a ricordo dell’eroica impresa è incisa questa poesia di Attilio Bertolucci:



Si erano vestiti a festa

per una vittoria impossibile

nel corso fangoso della storia

stavano di vedetta armati

con vecchi fucili novantuno

a difesa della libertà conquistata

da loro per la piccola patria

tenendosi svegli nelle notti afose

dell’agosto con i cori

della nostra musica

con il vino fosco

della nostra terra.

Vincenti per qualche giorno

vincenti per tutta la vita


Alla vittoria popolare di Parma, segue pochi mesi dopo la marcia su Roma e la presa del potere da parte di Mussolini.

Violenze, carcere, confino. Saranno queste d’ora in poi le parole d’ordine del regime.

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