domenica 17 marzo 2019

Sciopero globale per il Clima. Articolo di M.B. foto e video Milano 15 3 2019

Oltre ogni aspettativa, lasciamo parlare le immagini e a seguire un articolo della giornata a cura di una delle migliori penne italiane della divulgazine scientifica, autrice di vari saggi.

I video in diretta;
lo speciale di teleambiente che ha trasmesso i miei video da Milano;
il video di tutta la giornata per QuiMilano e le foto
video diretta dal corteo di Milano 1
Milano sciopero globale per il clima (video 2)
Milano sciopero globale per il clima (video 3)
Milano sciopero globale per il clima (video 4)
Milano, da piazza duomo, giustizia climatica 
in bici dalle università per lo sciopero per il clima

video QuiMIlano corteo del mattino. emozione pura!!
video quiMilano corteo della sera. i 40mila 

il secondo corteo della giornata, h.18 video 1
la partenza del corteo delle 18 video 2
corteo h.18 video 3 in Cadorna con gli ottoni a scoppio
corteo h.18 video 4
video Milano sciopero globale per il clima tutte le iniziative 15 3 2019

per le foto click Gibo nello spazio (il blog!)

Articolo di M.B. 
Per decenni mi sono occupata di ambiente scrivendo su molti giornali di oceani che perdono la vita, aria che diventa irrespirabile, ghiacci che si sciolgono, suolo che perde la sua fertilità, temperature che crescono, piante e animali che si estinguono. Ho fatto informazione su quello che gli scienziati stavano via via delineando: un pianeta che non riesce più a vivere e manifesta segnali di profonda sofferenza perché è stato trasformato dall'uso di energie inquinanti, dell'industrializzazione della natura, dello sfruttamento di ogni risorsa, uomo compreso. 
Vedere lo sviluppo di un movimento come quello dei Fridays for future, assistere all'evoluzione del personaggio di Greta Thunberg, la sedicenne svedese che si siede davanti al parlamento ogni venerdì, e il suo essere copiata in tutto il mondo, mi è sembrato strano e piacevole. Strano perché io, che a 18 anni avevo iniziato come lei a vedere che le cose non andavano per il verso giusto, nonostante possa dire di aver visto arrivare delle soluzioni, per esempio il no all'energia nucleare ma anche il riconoscimento dell'agricoltura biologica, non avevo di fronte movimento così ampio. Piacevole perché vista la partecipazione allo sciopero del 15 marzo posso sperare che qualcosa cambi radicalmente in futuro. 
Quello a cui abbiamo assistito è qualcosa che non si era mai verificato prima. E' la prima volta infatti che chi scende in piazza non lo fa per andare contro qualcosa, ma per chiedere ai governi che facciano solo il loro mestiere, ovvero ascoltino gli scienziati che hanno già dimostrato le evidenze di fenomeni che mettono a rischio la nostra vita. E soprattutto che vengano attuati accordi, in particolare quelli di Parigi, già presi nel 2015 da centinaia di nazioni, compresa l'Italia. Eppure il rapporto dell'Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul riscaldamento climatico, vale a dire l'organo internazionale più autorevole in fatto di clima, nel suo rapporto a fine 2018 ha parlato molto chiaramente: se il riscaldamento globale supererà gli 1,5 gradi previsti da Parigi, si andrà incontro a cambiamenti rapidi e di grandissima portata, che non potranno più essere rincorsi e fatti rientrare. Le emissioni globali devono diminuire di circa il 45 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010, per poi essere totalmente azzerate al massimo entro il 2050. 
L'urgenza più importante è proprio il tempo: non ne resta più molto, solo 10 anni. 
Le fonti dell'anidride carbonica, il principale gas climalterante sono note: l'87 per cento proviene dall'uso dei combustibili fossili, il 9 dall'agricoltura intensiva, il 4 dall'industria. E di quell'87 per cento il 41 è dovuto alla produzione di elettricità e riscaldamento, il 22 ai trasporti, il 20 all'industria e il 6 per cento alle attività domestiche, con un ultimo 10 per cento dovuto a numerose altre attività.
Gli impegni presi a Parigi sono per ora rimasti sulla carta. In compenso nel 2018 abbiamo raggiunto il livello record di anidride carbonica: secondo il Global Carbon Project sono aumentate del 2,7 per cento nel solo 2018, raggiungendo i 37,1 miliardi do tonnellate. La concentrazione, che era di 330 parti per milione negli anni Ottanta, è arrivata a 407 parti per milione, circa il 45 per cento in più dei livelli pre industriali. 
E chiaro che va fatta una correzione di rotta: quella produzione di energia non può più essere garantita da gas, carbone, petrolio. Le soluzioni sono già state tutte previste: elettrificare trasporto e riscaldamento, rendere pulita produzione energia elettrica, lasciare sotto terra tutto il resto.
Visto con quale lentezza si muovono le forze politiche, le uniche che possono promuovere il cambiamento delle strutture energetiche, i giovani hanno deciso di farsi avanti. Ma non sono rimasti soli: hanno trascinato con loro persone che, come me, avevano iniziato ben prima di loro e aspettavano da tempo che la sensibilità rispetto a un problema drammatico raggiungesse la massa critica. E' un po' tardi, ma è meglio che niente. A volte è purtroppo necessario toccare il fondo per riuscire a risalire in superficie. 
Venerdì 15 marzo dunque c'è stata una rincorsa. Non si è trattato di piccoli numeri, una minoranza di attivisti. Nel nostro Paese si calcola che più di un milione di persone siano scese nelle strade. 100 mila solo a Milano nella manifestazione della mattina, ma c'è stato il bis: alla sera sono scese altre 20 mila, questa volta più adulti e bambini piccoli. 
Ragazzi delle scuole, mescolati a professori e genitori, hanno marciato con cartelli di cartone che parlavano chiaro: anche i dinosauri pensavano di avere tempo, non ho abbastanza soldi per vivere su Marte, basta carne, con i soldi non ci compri un mondo nuovo, i governi discutono la terra muore, e considerata la dimensione internazionale anche science non silence, if the planet would be cool I'd be at school, there is no planet B. 
Le proteste si sono tenute in migliaia di scuole in 1769 località di 112 Paesi in tutto il mondo.
Il messaggio sempre lo stesso: bisogna agire e bisogna farlo in fretta. Il mondo politico si deve scuotere, la mobilitazione sarà permanente. 
Ai primi di gennaio l’Italia ha inviato alla Commissione europea la propria proposta di Piano nazionale integrato per l’energia e il clima che definisce la politica energetica e ambientale del nostro Paese e dell’Ue per i prossimi 10 anni. Purtroppo siamo lontani dal senso d'urgenza manifestato dal climate strike. Le centrali a carbone italiane, dodici, si spegneranno entro il 202. Le nergie rinnovabili dovranno coprire il 30 per cento delle energie entro il 2030. Per ora siamo solo al 17 per cento e la trasformazione è lenta. La riduzione dei consumi energetici totali, dichiarata del 43 per cento secondo il modello europeo del 2007, in realtà scende al 7 per cento se si calcola rispetto ai dati 2016.
Purtroppo il clima non è un argomento semplice. Riguarda moltissimi fattori collegati tra loro e spesso non facilmente comprensibili. Spesso succede che i movimenti popolari si muovano per paura di qualcosa. Anche questa volta è così. Non si tratta però di temere migranti o potenze straniere, ma di rischiare di ritrovarci tutti in un pianeta molto inospitale.
Il successo di Greta e di chi l'ha seguita, è dovuto al fatto che il messaggio è molto semplice, forse banale: i governi si prendano una responsabilità. Ed è stato accolto da tutti, giovani, ma anche chi, come me, aspettava da tempo un segno. Forse perché non si tratta di una protesta fine a se stessa, ma ha un accenno di rivoluzione culturale. Se quello che è accaduto non potrà essere classificato solo come una tendenza, ma diventerà una trasformazione radicale e veloce che riguarda tutta la società e il sistema in base al quale è organizzata, ci sono speranze. 
Il 15 marzo qualcosa è successo, ci sono pochi paragoni nella storia dell'umanità. D'altronde ora, a differenza di trent'anni fa, la gente tocca con mano gli effetti del mondo malato e forse si rende conto anche che gli effetti dei danni infliti permarrebbero a lungo anche se tutta la popolazione mondiale adottasse da domani lo stile di vita dei cacciatori raccoglitori preistorici. La mia piacevole sensazione è che questa volta non si potrà tornare indietro. Una moltitudine di persone sembra avere idee più chiare, e magari saranno in grado di attuare anche in prima persona soluzioni diverse che possono trasformare consumi e società. Speriamo che che anche chi ci governa arrivi allo stesso livello di chiarezza.

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