giovedì 6 dicembre 2018

Agricoltura e tutela del suolo possono coesistere

riceviamo e volentieri pubblichiamo
Il Parco Sud è ancora una realtà unica ma altri piccoli parchi agricoli stanno spuntando.

29 novembre 2018. A quasi trent’anni dalla sua istituzione, il Parco Agricolo Sud Milano è ancora un’esperienza unica di tutela del territorio, ma altre realtà stanno oggi avviandosi a imitarlo. Un convegno tenutosi giovedì scorso a Torino, nella splendida sede del Castello del Valentino, ha dato l’opportunità di conoscere i Parchi agricoli che, nel nord e centro Italia, stanno nascendo. Certo, nulla di paragonabile alla vastità e alla complessità del Parco Sud, ma ciò che nel convegno è stato presentato e messo a confronto è di estremo interesse: città come Firenze, Parma, Roma e, in prospettiva Torino, stanno -sia pure faticosamente- strutturandosi in parchi agricoli, per tutelare e valorizzare i territori che le contornano.

 Parco Sud superstar
Ben quattro relazioni hanno mostrato, al pubblico del convegno e ai rappresentanti delle altre realtà protette intervenuti, la complessità di questo Parco che, secondo l’organizzatore della conferenza prof. Giuseppe Cinà “non ha eguali in Europa e forse nel mondo”. Renato Aquilani (presidente dell’Associazione per il Parco Sud Milano), di Paolo Branca (sindaco e consigliere nel Direttivo dell’Ente Parco), di Marco Pezzetta (direttore del Distretto Agricolo Valle Olona) e di Francesco Vescovi (docente al Politecnico di Milano) nei loro interventi hanno dato un quadro dettagliato ma anche realistico: il Parco Sud ha difeso nel complesso il territorio, ma non è stato l’artefice dello sviluppo di un’agricoltura sostenibile e pronta a rispondere alle esigenze dei cittadini. E’ stato il contenitore, un attore –se vogliamo- ma certo non protagonista.
Piccoli Parchi agricoli crescono
L’interesse sull’esperienze del Parco Sud non è testimoniato tanto dalle domande del pubblico, quanto di quelle degli altri relatori, desiderosi di conoscere la trentennale esperienza milanese per risolvere i tanti quesiti che attanagliano la nascita e lo sviluppo di nuovi parchi agricoli.
Ad esempio a Firenze, dove ormai sono otto i comuni che si sono consorziati, insieme al capoluogo, e hanno dato vita al Parco Agricolo della Piana Metropolitana Fiorentina, con una superficie di 7mila ettari. Partito in sordina negli anni ’90, con lo scopo di compensare la crescita dell’urbanizzato, il parco stenta a decollare: troppe ad esempio le aree interessate da progetti di infrastrutture come l’ampliamento dell’aeroporto e un inceneritore. Anche la natura di parco agricolo è più enunciata che reale: non si è costituita, infatti, un reale partecipazione dal basso degli agricoltori e una “visione” condivisa, il settore Agricoltura della Regione non ha sostenuto il Parco e, soprattutto, mancano ancora la governance e un piano di sviluppo strategico del Parco. Eppure, nonostante che i soggetti pubblici siano “freddi” rispetto al Parco, sono molti i cittadini e agricoltori che, per valorizzare il territorio e il turismo, ritengono più utile il Parco che un nuovo aeroporto.
Ancora sulla carta è il Parco Agricolo Periurbano di Parma, che pure ha potenzialità di tutto rispetto. Il Comune, che è stato designato da Unesco come Città della Gastronomia, sta ancora ragionando su che tipo di parco e quali modalità partecipative adottare, ma è molto probabile che in qualche maniera si procederà a valorizzare le sue vaste estensioni agricole (ben 16.678 ettari), gestite da 686 aziende. Se in quelle più piccole prevalgono le attività orticole, nelle maggiori le attività foraggiere la fanno da padrone: 134 aziende gestiscono 12.466 vacche da latte (è o non è la patria del parmigiano?).
In maniera altalenante procede la realizzazione del Parco Agricolo di Casal del Marmo a Roma. Istituito formalmente nel 2008, e nonostante che dal 2012 si sia costituito un comitato civico per stimolare la realizzazione, gli amministratori pubblici mostrano scarsa attenzione e determinazione. Certo, i 462 ettari, tutti all’interno del Raccordo Anulare, non sono facili da gestire. Più che le caratteristiche del territorio -si tratta della tipica campagna romana con prati per la pastorizia e coltivi a grano e foraggio, interrotti dalla vegetazione naturale e da tre incisioni vallive- è la varietà delle gestioni che complica le cose: oltre a una proprietà latifondista a gestione estensiva, sono presenti terreni di proprietà di istituti di credito, attività di cooperazione agricola a carattere multifunzionale, terreni di proprietà ecclesiastica e di enti pubblici e, per finire, orti spontanei (e anche, in qualche caso, abusivi). Difficile procedere, anche perché molte proprietà svolgono attività agricole “di attesa”, pronte a indirizzarsi a una valorizzazione/speculazione urbana: nulla di nuovo, anche nel Parco Sud territori agricoli sono di proprietà o sono state opzionate da società immobiliari. Comunque, la spinta dal basso dei cittadini prosegue, con qualche supporto di alcuni esponenti del mondo universitario romano.
Torino ci prova col Parco Agricolo
Non è un caso che il convegno sui Parchi agricoli si sia svolto al Politecnico di Torino, nella sede del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio. Lo scopo del professor Cinà era quello di portare all’attenzione dei decisori politici locali i casi italiani: se, dopo i saluti di rito, gli Amministratori presenti hanno raccolto idee per procedere, si vedrà.
Certo che le potenzialità non mancano. Se il comune ha un’estensione agricola limitata (630 ettari, con 120 aziende), a livello metropolitano la massa critica certamente c’è: 2,2 milioni di abitanti in 315 comuni, su un territorio vasto 68mila ettari. E’ vero che, in gran parte è costituito da montagne, ma anche considerando solo i territori di pianura e valli dei 93 comuni di cintura attorno al capoluogo, rimangono quasi 30mila ettari di agricoltura e aree verdi. Le aziende gestiscono per lo più attività cerealicole/zootecniche e un certo rilievo anno anche aziende orticole e floro-vivaistiche, a cui si aggiunge un numero notevole di orti non professionali (circa 3800, distribuiti in complessivi 20 ettari).
Le buone enunciazioni non mancano: ad esempio, nella Carta per l’agricoltura peri-urbana del 2007, si legge: “..Il mantenimento di un tessuto consolidato di connessione tra la città e la campagna, attraverso il contributo di un’agricoltura sostenibile e fortemente relazionata con il territorio urbano, può essere considerato un “bisogno” in termini di qualità del vivere, avente per lo meno pari titolo rispetto ad altri bisogni come i trasporti, la casa..”. Ma i fatti concreti latitano ancora, nonostante che Torino sia molto impegnata nella cosiddetta “food policy” e non manchino “Agende Strategiche” tese a riorientare in termini eco-sostenibili i consumi alimentari (ogni giorno a Torino si mangiano 1.590 tonnellate di cibo e per la sola ristorazione scolastica primaria si scodellano 4 milioni di pasti all’anno).
Solo un Parco agricolo può coniugare questi imponenti bisogni con un territorio di cintura urbana ricco di agricoltura: attenzione al cibo e attenzione al suolo devono e possono coesistere. E la lezione del Parco Sud può dare spunti importanti su come procedere.

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