Un debito di 452 milioni che grava sul Comune
di Dario Balotta
Le vicende tra Comune di Milano e le sue partecipate non sono mai chiari. Il caso di Sea è emblematico me per fortuna esiste la Corte di Giustizia della UE che difende gli interessi dei cittadini contro le manovre contabili di Palazzo.
Incredibilmente i grandi media di Milano e nazionali non hanno dato il giusto peso alla bocciatura del ricorso del Comune di Milano alla Corte di Giustizi della UE, cercheremo di farlo noi grazie ad Arcipelago che ancora una volta si mostra disponibile.
Se la Sea e il suo socio il Comune di Milano pensavano che la UE si dimenticasse di loro in realtà hanno sbagliato. La Corte di Giustizia Ue infatti, con la sentenza resa nota il 10 dicembre scorso, ha ricordato che con gli aiuti di Stato non si scherza. Ora la capogruppo Sea dovrà restituire, se non riuscirà a trovare un’altra scappatoia, l’aiuto ottenuto con gli interessi: 452 milioni di euro in totale.
Oltretutto alcune aziende private di servizi aeroportuali hanno chiesto il risarcimento dei danni per distorsione della concorrenza, di 91 milioni di euro. Inoltre il Comune di Milano potrebbe essere così chiamato anche a rispondere dei danni cagionati a F2i (fondo d’investimenti) che ha comprato il 44,9% di azioni sella società senza essere messo la corrente del rischio.
Infine questa decisione arriva nel momento peggiore per la Sea che sta fronteggiando un crollo del traffico e dei ricavi con costi fissi non comprimibili (ammortamenti, manutenzione ecc.) che porteranno a perdite di centinaia di milioni (secretate fino ad ora). Mentre ai costi che si potrebbero abbattere stipendi dei manager, uffici inutili e gonfiati e consulenze ancora non si mette mano.
Nel giro di un anno Sea è passata da gallina dalle uova d’oro del comune di Milano a gallina sterile e costosa. Ora gli azionisti (Comune di Milano 54,8% e F2i 44,9%) devono urgentemente riprogettare secondo logiche di mercato, la strategia aeroportuale ed il ruolo nei territori degli scali di Malpensa e Linate. A cominciare da un ricambio manageriale a tutti i livelli e remunerato per le loro capacità e competenze. Gli anni di strapagati manager di ex Confindustria, dell’Alitalia e di altri aeroporti (coevi alle scellerate ricapitalizzazioni), sono definitivamente chiusi.
Dopo la figuraccia del Comune di Milano il tempo è scaduto, il Sindaco, deve agire subito prima di essere costretto a ricapitalizzare la Sea (operazione impossibile con le casse svuotate dalla pandemia).
Tornando indietro al maggio 2013, in particolare al 22 maggio 2013, per ricordare che Adriano Leo, Presidente (oggi in pensione) delle terze sezione del TAR Lombardia, aveva cambiato l’ordinanza stabilita in camera di consiglio con i suoi due colleghi sul caso SEA Handling in merito agli aiuti di stato.
SEA a quel tempo rischiava una maximulta da 452 milioni di euro dall’Unione Europea che il TAR aveva bloccato, secondo i giudici “con un abuso di competenze senza precedenti”. Adriano Leo era stato condannato a due anni con l ’accusa di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici. Il pubblico ministero aveva spiegato che “Leo agì per favorire e avvantaggiare il Comune di Milano”.
Oggi sappiamo anche come è avvenuto questo abuso. Il primo marzo Silvia Bini, ex giudice del TAR che si trovava in camera di consiglio assieme al giudice Andriano Leo, aveva testimoniato davanti al tribunale di Milano riportando queste dichiarazioni del Leo: «Io sono il Presidente e faccio quello che voglio» sbattendo i pugni sul tavolo, dopo che noi gli avevamo fatto notare che non si poteva sospendere un provvedimento europeo”. oggi possiamo dare un giudizio su quella triste pagina di storia: la gestione “politica” dell’azienda è stata così intensa da arrivare a toccare anche il principio cardine di uno stato di diritto, l’indipendenza della magistratura.
SEA ha occultato per anni la grave crisi che stava passando, dovuta a una gestione consociativa, inefficiente e a scelte strategiche sbagliate, oltre a un’avversione ideologica a qualunque forma di concorrenza nel settore smistamento bagagli e servizi terra di Malpensa e di Linate. Invece che aprire il mercato per sette lungi anni si è pensato solo a ripianare i disavanzi dell’azienda con 360 milioni di euro di soldi pubblici.
Tutto questo è avvenuto nel silenzio del principale azionista della società: il Comune di Milano. Non c’è un solo colpevole in questa vicenda. Ma tutti i sindaci che si sono succeduti hanno avvallato una gestione lontana dalle esigenze di mercato ma assai corporativa con dirigenti superpagati. “Non ci dobbiamo dimenticare che su Malpensa è già stato fatto il più grande investimento aeroportuale italiano. Non più tardi di 20 anni fa nel territorio della brughiera furono spesi tremila miliardi di vecchie lire per Malpensa 2000.
Da allora, grazie ad una gestione aeroportuale e territoriale pessima (la spartizione degli incarichi è stata in mano di CL prima e della lega poi) nessuno degli obiettivi pubblici che lo Stato si era prefisso sono stati conseguiti. Malpensa ha una capacità di 50 milioni di passeggeri, mentre quando lo scalo è nato, nel 2000, si prevedeva di raggiungere 30 milioni di passeggeri già nel 2006 mentre nel 2019 si è raggiunta quota 27 milioni grazie però alla chiusura di Linate per tre mesi.
Sempre per il 2006 le merci dovevano essere oltre un milione di tonnellate e nello scorso anno ci si è fermati sotto il mezzo milione. Anche gli obiettivi occupazionali sono stati raggiunti solo a metà. Molta occupazione è inoltre ai limiti della legalità e dello sfruttamento.
Ecco perché è assolutamente inutile ampliare oggi il terminal 1 come viene invece proposto ora con una maxi master plan. Malpensa è uno scalo sempre più low cost e sempre meno Hub intercontinentale. Linate è alla deriva nonostante il recente restyling. Non si spendono risorse per le compensazioni e mitigazioni ambientali che da tempo i comuni dei sedimi aeroportuali attendono. La pandemia sta facendo il resto.
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