Fosse stato un Robbie Williams qualunque lo avremmo trovato, quale arzillo cinquantenne, intento a presentare il centesimo disco del cazzo in un inutile salotto della televisione italiana. Tre minuti di playback, un ritornello originale come la sigla del Mulino Bianco, un bacio alla De Filippi e la corsa in aeroporto. Con l'assegno in tasca.
Fortunatamente per lui, e per noi, Kurt sta ai Take That come il diamante sta al vetro e il suo cinquantesimo compleanno, giusto oggi, suona prezioso come fosse il primo. O il ventisettesimo. Pur avendo scelto, ormai da più di un ventennio, un mondo migliore di questo schifo per trascorrere la vecchiaia. Della carne più che dell'arte, che non ha ovviamente età.
L'arte di 'Nevermind', per esempio, poema capace di incarnare dentro di sé tutta la maledetta essenza del grunge, il cuore sanguinante della musica rock.
Vivi veloce e muori giovane, cantavano - per chi se li ricorda - i Rappresaglia. Forse pensando anche a uno come Cobain che, di quello slogan, ne ha fatto più o meno volutamente un ossessivo leitmotiv della propria esistenza. All'improvviso, capita sovente alle personalità geniali e d'animo sensibile, aveva smesso di divertirsi nel fare ciò che più amava e non se l'è sentita di prenderci in giro. Quindi se ne è andato lontano, lasciando lungo il cammino liriche che tormenteranno all'infinito i nostri sentimenti più autentici.
In questo che avrebbe tutti i crismi per essere un giorno pregno di rimpianto, la certezza è che, comunque, un posticino sul treno che porta a Seattle lo avremo garantito in eterno. Non è affatto una cosa da poco.
Buon compleanno Kurt.
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