Riceviamo e volentieri pubblichiamo
"Da tempo il calcio ha perso valore educativo. Fagocitato da un’impressionante bolla finanziaria alla fine degli anni ‘80 e mai più rilasciato, non ha insegnamenti per le nuove generazioni. Laddove pesca campioni dalle periferie del mondo, li sfigura nel concentrato di arroganza che solo quantità esorbitanti di denaro, attenzione e megalomania possono dare. Perfino i più rivoluzionari campioni cresciuti nella polvere e nella miseria come Maradona, a un certo punto sono collassati dalle pressioni del denaro e delle attenzioni.
Anno dopo anno, la platea delle bandiere si è esaurita, lasciandoci palleggiatori al limite dell’autismo ma caratterialmente modesti come Messi, Neymar o Cristiano Ronaldo. Così può accadere che un giovane portiere a 23 anni, che non saprebbe pagare da solo una bolletta in posta, guadagni in un anno quanto poteva guadagnare 15 anni fa un titolare di grande club di almeno 10 anni più vecchio.
L’economia mondiale ha preparato la crisi del 2008 in un decennio di speculazioni senza limite, dove le banche centrali tenevano i tassi di interesse così bassi che di fatto pagavano per prestare denaro. Solo su questa base poteva svilupparsi la bolla del mercato immobiliare cha avrebbe offerto mutui spazzatura a milioni di lavoratori statunitensi, incapaci di rendere il denaro di prestiti con interessi incontrollabili.
Analogamente, il calcio è stato usato come cavia negli ultimi 30 anni per saggiare la remunerabilità degli investimenti in un settore, quello sportivo, rimasto ai limiti dell’artigianalità fino alla fine degli anni ‘70. L’ingresso delle emittenti private ha solo alimentato questa bolla, che ha toccato il proprio apice con l’ingresso dei fondi fiduciari per tenere in piedi i campionati prima ancora dei bilanci delle singole squadre.
Di questo discutevano Agnelli e soci ancora a novembre 2020 per dare ossigeno a un campionato dove chi non paga gli stipendi o campa di plusvalenze sta ai vertici del campionato e chi paga le tasse, come il Parma, retrocede. Questa combinazione ha fatto crescere enormemente le plusvalenze delle aziende che, per capitale di base, potevano alimentare maggiormente la bolla finanziaria. In modo estremamente rapido, ha polarizzato i calciatori tra atleti a basso rendimento economico e star di grande profittabilità. Da questa polarizzazione si è innescata la bolla degli ingaggi, oggi dominante e del tutto fuori controllo.
Come un pugno di grandi banche d’affari durante la grande orgia dei subprime, oggi 12 squadre europee svelano la maschera e mostrano al mondo il proprio piano per sublimare al massimo grado la profittabilità del settore sportivo con la Superlega, un campionato dove giocano soltanto loro. E’ la malattia infantile del calcio e certo non la riscatterà la UEFA che minaccia cause miliardarie e si appella ipocritamente al senso dello sport che loro stessi hanno trasformato in grande business quando hanno creato, nel 1991, la baracconata televisiva della Champions League a 24 squadre.
Questo calcio non è riformabile. Va chiuso e ricostruito dai livelli più bassi e la sua programmazione sottratta alle emittenti private. I suoi ingaggi devono essere inseriti in un contratto nazionale di lavoro con salari equiparabili a quello di una qualsiasi categoria professionale e le squadre che non hanno capitali per funzionare devono chiudere. Vedrete che in questo modo l'espressione "da grande farò il calciatore" nella bocca di un ragazzino tornerà ad avere un valore sportivo."
Cit. Coo.
Una parentesi su San Siro, dove dei fondi immobiliari o simili, vogliono cementificare e gentrificare un intero quartiere e un nuovo stadio è lo specchietto per le allodole e per gli allocchi.
Il 19 aprile 1989, la scala del calcio ospitava questa perla di storia, indimenticabile per chi c'era e scritta nella storia del calcio
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