Di Roberto Cenati
Voglio ricordare, nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, quella esercitata dai nazifascisti al momento della cattura di tante Combattenti per la Libertà. Il 12 settembre 1944, Nori Brambilla Pesce viene arrestata dai fascisti, insieme alla partigiana Narva, a seguito di delazione. Stava andando in piazza Argentina a un appuntamento, al quale avrebbe dovuto esserci Giovanni Pesce. Nori, in una testimonianza rilasciata nel dicembre 1996 al “Calendario del Popolo”, così ricorda: “In via Monteverdi mi fecero salire su una di quelle automobili, dove vidi, seduta sul sedile posteriore, Narva. I due che mi avevan fermata salirono, uno fra noi due ragazze, l'altro davanti, vicino all'autista. Da parte mia cercai di scagionare Narva dall'accusa che pesava su di me, cioè che conoscessi Visone. Affermai che io sola l'avevo conosciuto un pomeriggio al cinema, mi aveva fatto la corte e ci eravamo rivisti un'altra volta. La macchina filava via rapida, non provavo nessuna paura perchè mi pareva tutto irreale. Poi la macchina si fermò, ci fecero scendere davanti a un fabbricato, una casa con le caratteristiche di una sede del fascio: la “Casa del Balilla” di Monza. Mi fecero salire al terzo piano, in un locale disadorno. Fui lasciata sola circa mezz'ora. E cominciai a riflettere: ero nelle mani dei nazisti e dei fascisti. Dovevo pensare a come comportarmi, non dovevo parlare, non dovevo dire niente a quelle belve. Ce l'avrei fatta? Sapevo come nazisti e fascisti trattavano i partigiani, i patrioti, i compagni e le compagne che arrestavano. Una porta si aprì, ricomparve uno di loro. Si sedette accanto a me e per lungo tempo cercò di convincermi a dire dove era Visone. “No” non sapevo niente, continuavo a rispondere, finchè il fascista si spazientì: “Se non parli sono costretto a passarti nelle mani dei tedeschi. Il comandante delle SS è di là che aspetta il mio rapporto. Se continui a tacere peggio per te. Nelle loro mani parlerai.” Alla fine si alzò, uscì. Qualcuno mi fece entrare in un ufficio contiguo. Il tedesco era il famigerato Werning che comandava le SS tedesche e italiane alla “Casa del Balilla”. Disse subito: “Sappiamo tutto di te, ma vogliamo che ce lo dica tu, che tu dica dov'è Visone.” Fu certo un po' di incoscienza la mia che mi fece rispondere : “Se lo sapete, perchè me lo chiedete ?” Con un lampo d'ira negli occhi Werning mi colpì con un tremendo ceffone in pieno viso, con tale forza da scaraventarmi per terra, dall'altra parte della stanza. Dopodichè non perse altro tempo a interrogarmi. Arrivò un individuo dall'aspetto brutale, un ucraino, un traditore del proprio paese, passato al servizio dei nazisti. Era il loro picchiatore e si mise subito all'opera . Mi fece sdraiare a pancia in già sulla scrivania, si sistemò tra le mani una frusta , il “gatto a sette code di cuoio” e cominciò a picchiarmi, sotto gli occhi Werning che mi domandava “Dov'è Visone ?” La sua sua segretaria assisteva tranquilla davanti alla macchina da scrivere, sembrava non fare troppo caso a quanto succedeva, certo vi era abituata. Non saprei dire quanto durò “l'interrogatorio”. A un tratto mi trovai sotto la scrivania, senza sapere in che modo fossi caduta. Doveva ormai essere notte fonda. Dolorante, semisvenuta, credo di avere molto gridato. Dovevano essere stanchi anche loro, i miei aguzzini, se a un certo momento se ne andarono e io quasi non me ne accorsi. Qualcuno mi fece alzare. Era uno dei fascisti che mi aveva arrestata in piazza Argentina, il quale mi accompagnò al vicino carcere di Monza.”
Roberto Cenati - Presidente Anpi Provinciale di Milano
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