riceviamo e volentieri pubblichiamo
Nel corso del processo per bancarotta contro Maflow SpA, avviato nel 2016 e che vede coinvolti Luigi Francione e i dirigenti dell’azienda di Trezzano sul Naviglio, chiusa nel 2010, i lavoratori e le lavoratrici sono stati ammessi ieri come parte civile dal tribunale di Milano.
“Avevamo ragione noi – afferma Massimo Lettieri, ex Rsu e promotore del comitato ex lavoratori e lavoratrici e animatore oggi di RiMaflow, la rinascita della fabbrica in autogestione – la Maflow è andata in dissesto finanziario a causa delle operazioni truffaldine che hanno buttato sulla strada 330 famiglie, mentre la produzione andava a gonfie vele. Ora dobbiamo essere risarciti”.
La Maflow, capofila di una multinazionale del settore automotive e fornitore di qualità di aziende come BMW, dopo un anno di amministrazione straordinaria a seguito d un improvviso ammanco di 300 milioni di euro, è stata presa all’asta nel 2010 dall’imprenditore polacco Boryszew e definitivamente chiusa due anni dopo, delocalizzando l’attività in Polonia.
“Ma è Francione, già dirigente FIAT, il principale responsabile della bancarotta che per noi è chiaramente fraudolenta – continua Lettieri -. Con la costituzione ufficiale di parte civile lo dimostreremo anche in tribunale. Lo diciamo poi alle istituzioni: chi ha distrutto posti di lavoro intascandosi milioni deve pagare anche per consentire ai lavoratori di creare nuove attività, come stiamo facendo con il progetto RiMaflow”.
La Maflow, capofila di una multinazionale del settore automotive e fornitore di qualità di aziende come BMW, dopo un anno di amministrazione straordinaria a seguito d un improvviso ammanco di 300 milioni di euro, è stata presa all’asta nel 2010 dall’imprenditore polacco Boryszew e definitivamente chiusa due anni dopo, delocalizzando l’attività in Polonia.
“Ma è Francione, già dirigente FIAT, il principale responsabile della bancarotta che per noi è chiaramente fraudolenta – continua Lettieri -. Con la costituzione ufficiale di parte civile lo dimostreremo anche in tribunale. Lo diciamo poi alle istituzioni: chi ha distrutto posti di lavoro intascandosi milioni deve pagare anche per consentire ai lavoratori di creare nuove attività, come stiamo facendo con il progetto RiMaflow”.
Comitato lavoratori e lavoratrici ex Maflow
Trezzano sul Naviglio, 20 aprile 2017
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